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Non lontano dal torrente Fossa ed ai limiti di quella che era un tempo la “Gran Tenuta del Parco Superiore” di Sassuolo, il“Casino dei SS. Spezzani” è il prodotto della fortunata presenza, nel ramificato albero familiare, di tecnici e decoratori impegnati in prima persona nelle vicende architettoniche di quella che è considerata una delle più belle ville del modenese. Costruita nel primo decennio del XVIII secolo, come attesta un bozzetto datato 1707, ricordato dai proprietari, ma oggi non più reperibile, fu residenza del capitano Giuseppe Spezzani (1705 – 1774) ingegnere ducale, e ricco possidente terriero. Passò poi al figlio Giovanni Paolo (1734-1801), archiatra del Duca Francesco III d’Este che seguì nel soggiorno milanese (Cionini 1886). Il Casino si presenta secondo la diffusa tipologia che contrassegna la villa modenese: una salda forma quadrangolare, rafforzata agli spigolo da bugne, e due piani con altana centrale. L’assetto interno differisce comunque dal consueto topos locale della loggia passante per adottare un impianto compositivo assai più articolato caratterizzato da due ampi saloni centrali sovrapposti, che si affacciano solo verso nord, mentre verso il giardino posteriore, risultano collegati a più piccoli ed intimi locali. A destra uno scaloncino a pozzo dalla pianta quadrata e dal balcone terminale, intercomunica le due gran sale su cui s’ affacciano gli ingressi degli altri appartamenti. Un primo documento sull’assetto del parco, risale al 1782,al rilievo cioè dei periti Lorenzo Spezzani e Girolamo Giberti, che colloca la villa al centro dell’ampia tenuta contraddistintada un lungo filare di pioppi che dalla residenza correva a nord, in direzione delle rovine dell’antico castello di Magreta poi distrutto. Deceduto Giovanni Paolo proprio in questa “sua villeggiatura”, la proprietà passa al fratello Filippo avvocato, membro del Consiglio Amministrativo dell’ Economia del Supremo Consiglio di Giustizia e deputato al Consiglio della Repubblica Cispadana. Il particolare interesse nei confronti della villa di Magreta è testimoniato dallo stesso Tiraboschi e dal Cionini, che ricordano Filippo attento all’introduzione di nuove culture agricole e alla trasformazione del giardino arricchito di angoli “più ameni e ombrosi” secondo le mode del tempo (Tiraboschi, 1925, Cionini, 1886). Allo stesso periodo viene fatta risalire la decorazione oggi perduta, della sala al piano terra e di quelle immediatamente seguenti poste sul lato tergale, che andavano ad aggiungersi alle cineserie delle camere del piano superiore volute dai precedenti proprietari . Nuovi interventi vengono attribuiti dal Cionini a Felice Spezzani (1795 – 1877) già allievo dell’architetto Francesco Randelli e noto patriota, nonché “abile dilettante in meccanica, in architettura e in pittura” ( Cionini, 1886, dello stesso , 1902 ) A questo va attendibilmente ricondotta l’esecuzione delle grisaglie e delle tempere della camera di Fetone posta al piano superiore nel versante meridionale, il cui tema epico denuncia una stretta consonanza , di gusto accademico, con le decorazioni del Palazzo Ducale di Sassuolo. Rapporto che anche in tempi assai recenti (Lungari, 1986) ha visto ribadire una precedente quanto improbabile attribuzione a Jean Boulanger. Il ciclo di decorazioni fu poi completato all’inizio di questo secolo, dal pittore Evaristo Cappelli, autore del soffitto e dei sovrapporta del salone superiore (Contini 1977).
Bibliografia:
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